Sono 7,8 milioni le persone che al termine della quarantena hanno acquistato un pet (o hanno intenzione di farlo), secondo quanto riporta un’indagine realizzata dall’osservatorio Coop2020. E intanto il mercato della salute animale, a livello globale, è in costante crescita. I numeri del settore.

La nuova normalità? Meglio affrontarla insieme a un amico a quattro zampe. A quanto pare in molti la pensano così. A testimoniarlo sono i numeri: il post lockdown ha portato a un boom di acquisto di animali da compagnia. Al termine dell’emergenza sanitaria, infatti, parecchi italiani hanno deciso di prendere con sé un pet. Per la precisione, secondo quanto riporta un’indagine realizzata dall’osservatorio Coop2020, sono addirittura 7,8 milioni le persone che al termine della quarantena hanno acquistato (o hanno intenzione di farlo) un cane o un gatto (e non solo).

Una bolla affettiva

Il confinamento e le misure di distanziamento dettati dalle norme anti-contagio, sostiene l’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), hanno creato dei “cluster chiusi e autoreferenziali”, una specie di “bolla affettiva che si autodelimita”. In questo modo, spiegano, gli spostamenti diventano di corto raggio e la comfort zone casalinga rassicura. In altre parole, reduci dall’esperienza del lockdown, gli italiani prevedono di fare della casa il baricentro della loro vita anche oltre il termine della pandemia. Lo spazio domestico, si legge nel rapporto, è il luogo in cui si sentono maggiormente a loro agio, lontano dai rischi di una eccessiva esposizione pubblica, nonché protetti in un ambiente conosciuto e sicuro, anche dal punto di vista emotivo.

Per dare qualche numero, nel 2021 – rispetto al 2019 – il 45% degli italiani ridurrà la spesa destinata a intrattenimento e spettacoli (discoteche, cinema, musei, teatro); 26% quelli che inviteranno più spesso amici a casa loro o inizieranno a farlo, 32% quelli che si vogliono dedicare al fai da te In questa bolla rassicurante, secondo l’analisi dell’osservatorio, si alimenta il rapporto con gli animali da compagnia. Il risultato? Che 3,5 milioni di italiani durante il lockdown o dopo hanno acquistato un animale, mentre altri 4,3 milioni pensano di farlo prossimamente. In buona sostanza il virus ha cambiato il comportamento degli individui, ma anche il loro atteggiamento nei confronti degli animali.

Un pet per ogni italiano

D’altra parte secondo gli addetti ai lavori, va riconosciuto come gli animali domestici contribuiscano alla nostra gioia e al nostro benessere, soprattutto in periodi di stress come quelli che stiamo vivendo. In altre parole, si può quindi dire che il rapporto con il pet è una dipendenza emotiva reciproca spontanea, genuina, che aumenta la resilienza dei proprietari. Inoltre, importanti studi evidenziano come la salute mentale abbia tra gli elementi determinanti il contatto con la natura e il legame con gli animali sia quindi fondamentale per il ritorno alla normalità.

Ma quanti sono i pet in Italia? Secondo il rapporto Assalco-Zoomark 2020, si stima che nel 2019 erano presenti nel nostro Paese 60,27 milioni di animali d’affezione, confermando un rapporto 1 a 1 tra gli animali da compagnia e la popolazione residente in Italia. Nel dettaglio, i pesci continuano a essere gli animali da compagnia maggiormente presenti in Italia: con una popolazione di 29,9 milioni di esemplari, valgono circa la metà del totale dei pet che vivono nelle famiglie italiane.

A seguire, gli uccelli (12,9 milioni), i gatti (7,3 milioni), i cani (7 milioni) e, infine, i piccoli mammiferi e rettili con, rispettivamente, 1,8 e 1,4 milioni di esemplari. Tuttavia, specifica il rapporto, è importante notare che i dati sulla popolazione pet, di rilevanza tanto per gli operatori del settore quanto per le istituzioni e la società civile, siano stime. In Italia, infatti, non esiste ancora un’anagrafe nazionale degli animali d’affezione, né i pet sono inseriti nel censimento Istat. Fediaf, la Federazione europea delle industrie per gli alimenti per animali familiari, ha stimato la popolazione di pet presenti nelle case europee nel 2019 in circa 300 milioni di animali d’affezione. Quasi due terzi della popolazione pet è costituita da cani e gatti.

Il profilo dei proprietari

Vivono in appartamento, generalmente in famiglie più numerose della media nazionale, e non si limitano al possesso di un singolo animale. È questo il tratto principale dei proprietari di animali da compagnia. Secondo l’indagine Assalco- Zoomark, la maggioranza dei proprietari di esemplari di questo tipo vive in un appartamento. Tale caratteristica è più comune tra chi ha scelto di vivere con pesci, tartarughe e conigli, mentre si registra un valore inferiore alla media alimentazione, accessoristica, igiene).

Tutto ciò si traduce, dal punto di vista di molti proprietari, nel fornire al proprio pet non solo un’alimentazione calibrata sulle sue esigenze specifiche, ma anche una serie di prodotti che integrino la dieta e che rispondano a obiettivi funzionali o a caratterizzazione gastronomica. Peraltro, l’attenzione al benessere dell’animale si riscontra anche nella ricerca del confronto con i professionisti del settore, ai quali si chiedono consigli su temi quali l’alimentazione. Mentre per cani e gatti ci si confronta principalmente con il veterinario, per i piccoli mammiferi e per i pesci è il negoziante la figura alla quale si rivolge il numero maggiore di proprietari tra i proprietari di uccellini.

Altra caratteristica che definisce il ritratto del proprietario di animali da compagnia è che il 55% ha bambini o ragazzi in famiglia, a prescindere dalla specie animale che ospita. Da segnalare come tale percentuale si innalzi fino al 73% nelle case in cui è presente un piccolo mammifero, come conigli, cavie, cincillà, criceti, furetti, roditori, mentre si attesta al 52% tra i proprietari di cani o gatti. In generale, prosegue il rapporto, possiamo osservare come le famiglie dei proprietari di animali da compagnia siano composte generalmente da una media di 3,4 componenti, dato notevolmente superiore ai 2,3 componenti della media nazionale italiana.

Tra le tendenze emerse, anche quella di non limitarsi al possesso di un solo animale: tra gli intervistati, la media è di 2,16 animali da compagnia posseduti. Altro dato comune a tutti i proprietari riguarda la tendenza a utilizzare internet come primo canale d’informazione per valutare e confrontare tra di loro i prodotti prima dell’acquisto. I proprietari di piccoli mammiferi sono quelli che più di tutti vi fanno ricorso, facendo registrare un 67% di preferenze

Il benessere prima di tutto

A proposito dell’acquisto di prodotti da parte dei proprietari, appare utile identificare quali sono i criteri che guidano tale scelta. Dallo studio, risulta evidente come l’attenzione per il benessere dell’animale da compagnia sia una caratteristica trasversale, a prescindere dalla specie di appartenenza del pet e dalla tipologia di prodotto oggetto d’acquisto (alimentazione, accessoristica, igiene).

Tutto ciò si traduce, dal punto di vista di molti proprietari, nel fornire al proprio pet non solo un’alimentazione calibrata sulle sue esigenze specifiche, ma anche una serie di prodotti che integrino la dieta e che rispondano a obiettivi funzionali o a caratterizzazione gastronomica. Peraltro, l’attenzione al benessere dell’animale si riscontra anche nella ricerca del confronto con i professionisti del settore, ai quali si chiedono consigli su temi quali l’alimentazione. Mentre per cani e gatti ci si confronta principalmente con il veterinario, per i piccoli mammiferi e per i pesci è il negoziante la figura alla quale si rivolge il numero maggiore di proprietari.

Il ruolo dei veterinari

Partiamo da una fotografia del settore. Negli ultimi venti anni le trasformazioni della società hanno assunto un ritmo sempre più rapido, che ha coinvolto anche la professione veterinaria. Il numero di veterinari italiani ogni 10mila abitanti, fermo su un rapporto di 1:10mila fino al 1980 è progressivamente salito a 3,8:10mila nel 2002 e a 5,5:10mila nel 2018. È cambiato il rapporto tra veterinari e veterinarie, oggi quasi paritario. È mutato anche l’atteggiamento di una buona parte delle nuove leve di veterinari nei confronti delle tecniche agricole e di allevamento, del tipo di attività professionale, con disaffezione verso gli animali da reddito e l’ispezione degli alimenti. A oggi, il 92% dei veterinari possiede un cane e/o un gatto. Inoltre, il 93% di essi sceglie per i propri pet l’alimentazione industriale, rispetto a un 58,7% nel 1985. Tale percentuale fa riferimento agli alimenti secchi completi, mentre gli alimenti umidi completi sono utilizzati in percentuali minori in quanto limitati per lo più a gatti e cani di piccola taglia. Sempre dal punto di vista dell’alimentazione, l’86% dei veterinari ritiene che l’alimentazione più sicura sia quella industriale preconfezionata.

L’alimentazione Barf (Biologically appropriate raw food, cibo crudo biologicamente appropriato) ha poco più del 5% di estimatori. La consapevolezza dei rischi di ordine sanitario per gli animali stessi e per gli esseri umani che vengono a contatto diretto o indiretto con essi sta alla base di questo atteggiamento, ma anche le carenze e gli squilibri nutrizionali insiti in tali diete hanno il loro peso. In assenza di patologie specifiche, il 93% dei veterinari raccomandano alimenti industriali secchi o umidi (85%) accompagnati da informazioni scientifiche. In presenza di patologie specifiche, tale percentuale sale al 97% per gli alimenti industriali secchi e al 96% per quelli umidi, accompagnati da informazioni scientifiche. Le razioni casalinghe vengono prescritte in casi limitati e non a causa della loro superiorità nutrizionale, ma in quanto sono richieste dai clienti oppure quando esistono indicazioni cliniche specifiche.

Dal punto di vista dei proprietari, poi, per l’87% degli intervistati i consigli del veterinario contano molto e in parte dipendono da come vengono forniti (56,5%). Il rapporto fiduciario che si instaura tra professionista e cliente, in questo contesto gioca un ruolo importante. Inoltre il 92% dei clienti chiede al veterinario di fiducia un giudizio sui prodotti che utilizza o vorrebbe impiegare una indicazione su quale sia il miglior prodotto per il proprio animali. Infine, i veterinari basano i suggerimenti per la scelta dell’alimentazione soprattutto su dati scientifici; le esperienze personali e le informazioni fornite dall’industria seguono a distanza; mentre le informazioni raccolte in rete godono di scarsa fiducia. In questo scenario, l’87% dei veterinari ritiene che l’informazione scientifica fornita dall’industria sia utile.

La spesa durante Covid-19

Il rapporto, come inevitabile che sia in questo momento storico, mostra anche una fotografia del contesto di settore durante la pandemia da Covid-19. Nello specifico, per quanto riguarda l’alimentazione degli animali da compagnia, essa è stata indicata come un’attività non differibile già nelle prime fasi dell’emergenza Covid-19. Durante la quarantena, tuttavia, i proprietari degli animali d’affezione italiani di ogni specie hanno potuto beneficiare del fatto che tutti i canali di distribuzione, inclusi i negozi specializzati, sono rimasti aperti.

L’offerta dei negozi specializzati è stata necessaria per integrare quella della Gdo, in quanto tali strutture commercializzano specifici alimenti con particolari fini nutrizionali, destinati ad animali da compagnia con problemi di salute (cardiopatie, epatopatie, problemi all’apparato urinario ecc.), oltre a prodotti per l’igiene e antiparassitari specifici per la disinfezione degli animali e dell’ambiente domestico, non reperibili nella grande distribuzione nonché farmaci veterinari.

Incremento della spesa per cani e gatti

L’incremento della spesa ha interessato anche la categoria del pet food (alimenti per cani e gatti): panico ed effetto scorta hanno indotto i proprietari di animali da compagnia ad effettuare acquisti massicci e superiori alle esigenze fisiologiche di nutrizione degli animali, generando una curva di crescita delle vendite con un andamento simile a quella del largo consumo confezionato anche in termini di preferenza di canale (flessione per gli ipermercati e crescita dei supermercati e negozi di prossimità).

Anche le catene petshop hanno mostrato, nelle prime settimane di emergenza, una forte crescita degli alimenti per cani e gatti, dovuta alla volontà di fare “scorte”. A partire dalla settimana del 22 marzo si riscontra una flessione del mercato probabilmente dovuta anche alle misure di contenimento sempre più restrittive che potrebbero aver portato gli acquirenti a scegliere di effettuare i loro acquisti in canali abituali per la spesa umana.

Boom dell’e-commerce

Parallelamente alle massicce ondate di acquisti nei negozi fisici, a partire dalla prima settimana di emergenza, si è rilevato un boom negli acquisti online per il largo consumo confezionato che, nelle prime 6 settimane, ha generato un incremento delle vendite intorno al +100% rispetto al 2019, più che raddoppiando il trend positivo del canale. Si tratta di una modalità di acquisto più sicura e che consente di evitare le lunghe code fuori dai negozi. Per la categoria degli alimenti per cane e gatto, nel mese di marzo 2020, si è registrata una crescita del 220% a confronto del corrispondente mese del 2019 delle vendite online degli operatori generalisti (gruppi della Gdo e Amazon), con un livello di vendite raggiunte in un mese pari al 25% delle vendite complessive del 2019.

Accessori

Per quanto riguarda il mercato degli accessori, che vale 70,6 milioni di euro, si registra una lieve flessione del fatturato pari a -0,9% e un incremento delle vendite in volume (+2,3%). Ricordiamo che, come per gli alimenti per piccoli animali da compagnia, anche per quanto concerne la categoria degli accessori per la cura e la gestione quotidiana (che include i segmenti igiene, giochi e altri accessori, ovvero guinzagli, cucce, ciotole, gabbie, voliere, acquari, tartarughiere e utensileria varia) il canale di riferimento è la somma di ipermercati, supermercati e Lsp (Libero servizio piccolo).

Il segmento dei prodotti per l’igiene animali (tappetini assorbenti igienici, salviette, shampoo, spazzole, deodoranti, tutto ciò che ha a che fare con la cura e la bellezza) con una crescita in valore pari all’8,3%, risulta l’unico in crescita. Gli altri segmenti – masticativi, giochi, antiparassitari e altri – hanno sviluppato una flessione del fatturato tra il 4 e il 10%. Le lettiere per gatto, rilevate separatamente, valgono in Gdo circa 74 milioni di euro, con una crescita a valore del +2% e una flessione a volume del -2% rispetto all’anno precedente.

Uno sguardo al mercato della salute animale

Corre veloce il mercato della salute animale. Tanto che, entro il 2027, dovrebbe raggiungere 77,80 miliardi di dollari di valore a livello globale, a fronte dei 47,70 miliardi del 2019. La crescita è sostanziale e caratterizzata da un incremento del tasso annuale composto (Cagr) stimato attorno al 6,4%. Lo riporta un’analisi del settore effettuata da Reports and data, secondo cui tale crescita coinvolgerà diversi ambiti, spaziando in buona sostanza dalla diagnostica alla farmaceutica. Secondo gli analisti, poi, gli attori che opereranno nel campo della salute animale nei prossimi anni, dovranno rispondere a una mission ben precisa: “One health”, ovvero una “salute unica”. È sempre più sottile, infatti, il confine che separa la salute animale da quella dell’uomo. Anche perché, secondo quanto testimoniato recentemente dall’Organizzazione mondiale della sanità, circa il 60% delle malattie che colpiscono l’essere umano proviene dagli animali. Tale constatazione assume ancor più valore alla luce della diffusione di Covid-19 che sta colpendo il pianeta in questi mesi.

Tra i parametri di crescita più significativi si registra la domanda relativa ai prodotti per la salute animale. Tale crescita, secondo il rapporto, è determinata dal prevalente aumento delle malattie zoonotiche (patologie infettive che si trasmettono dagli animali all’uomo, come il coronavirus ad esempio). Basti pensare, che nei paesi meno sviluppati, la rabbia causa oltre 59mila morti ogni anno. A tutto ciò si aggiunge un bacino significativo di malattie animali non trattate, in grado di causare un calo di circa il 20% nella produzione mondiale di cibo. Dalla fotografia scattata dal rapporto, emerge inoltre come i prodotti legati alla salute animale contribuiscano, in maniera determinate, alla crescita delle attività economiche delle industrie ad essa associate.

Nello specifico, ad avvantaggiarsi sono: servizi sanitari per animali da compagnia; produzione di farmaci veterinari; produzione animale in generale. Va sottolineato, peraltro, come l’industria della salute animale ponga particolare attenzione agli investimenti nel campo della ricerca. Negli ultimi anni, secondo i numeri emersi dall’analisi di Reports and data, il settore dell’animal health ha investito oltre 970 milioni di dollari in attività di ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di aumentare le prospettive di crescita del settore nei prossimi sette anni.

A guidare l’industria dei prodotti farmaceutici di origine animale sono antiparassitari e anti- infettivi, per via della sempre maggiore tendenza a conservare il cibo animale. Ma anche l’impatto che in passato hanno avuto sul settore le epidemie di malattie veterinarie, ha influito sull’utilizzo di prodotti farmaceutici. A ciò si aggiunge, inoltre, la costante richiesta di farmaci per animali domestici. Il rapporto stima che, per innovare nel campo dei farmaci per la cura degli animali, il settore della salute animale globalmente generi investimenti superiori ai 3 miliardi di dollari ogni anno. E sull’onda della prevenzione, anche la ricerca di vaccini per animali sta aumentando.

dal web

il fido custode, sepolture e cremazioni per animali d’affezione