Come fare quando un animale ci lascia? Primo: non vergognarsi

«Willy non ce l’ha fatta. Può cremarlo o seppellirlo». La veterinaria non fa in tempo a finire di parlare, che la signora davanti a lei scoppia a piangere. «Il mio cane aveva solo otto anni», dice, «aveva un tumore. Era stato operato, faceva la chemio. Come farò senza di lui?».

Secondo l’Eurispes, almeno tre italiani su dieci hanno un animale da compagnia. Il 77 per cento lo considera un familiare, il 33 un figlio, e sono più della metà quelli che lo reputano il loro migliore amico. «Quando ci lascia, soffriamo tantissimo», dice Maria Chiara Catalani, presidente della Società italiana Scienze del comportamento animale. «Un tempo tenevamo con noi cani e gatti perché utili: per allontanare i topi o fare la guardia. Oggi sono a tutti gli effetti componenti della famiglia. Per questo, sempre più veterinari chiedono aiuto agli psicologi per capire come comunicare ai proprietari che il pet è morto o che bisogna ricorrere all’eutanasia». Conferma Ines Testoni, direttrice del master in Death studies & the end of life dell’Università di Padova: «È cambiato il rapporto con gli animali, ma non quello nei confronti della morte. Nella nostra società tendiamo a non parlarne. Siamo diventati incapaci di aiutare una persona che ha perso il genitore o un figlio, figuriamoci un animale. Ai proprietari diciamo: perché piangi? Prendine un altro».

Niente da fare: passi dinanzi al negozio di animali e non riesci proprio a resistere. Devi entrare e comprare un giochino a Fido. L'ennesima pallina. 
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Primo passo: parlarne

«È quello che è successo quando la mia gatta Briciola mi ha lasciata», racconta Cristina, 46 anni, di Milano. «Una macchina l’ha investita. Sono scoppiata a piangere al lavoro. Le colleghe mi guardavano come se fossi pazza». A Rosaria, 45, di Napoli, invece hanno detto: che ti frega, ne hai altri. «Uno dei miei gatti è morto dopo una lunga malattia», spiega. «Sono devastata, ma nessuno mi capisce». «Le persone si ritrovano isolate in un momento di fragilità», dice Pierluigi Gallucci, psicoterapeuta torinese che all’argomento ha dedicato un libro dal titolo Il dolore negato (Graphe.it). «Sentono la disperazione, la mancanza, la rabbia, ma non possono parlarne perché nessuno le ascolta o temono di essere giudicate.

Il primo passo per elaborare il lutto è, però, parlarne. Bisogna far capire a chi ci sta intorno che soffrire per un animale che ha trascorso con noi un pezzo della nostra vita è normale». Grazie a Internet qualcosa sta cambiando. Basta vedere quello che accade ai personaggi famosi sui social. Quando il rapper J-Ax ha perso il suo gatto Little, è stato travolto da un’ondata di abbracci virtuali. «Il giorno che ho scoperto che ti eri ammalato, ho avuto così tanta paura», ha scritto il cantante su Instagram. «Avevi smesso di mangiare. Il veterinario disse “diabete”. Alcuni mi hanno detto che sono state cure esagerate. Che non sei una persona, ma “solo” un gatto. Ora che hai perso la battaglia, mi manchi ogni giorno».

dal web

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